domenica 10 maggio 2009

David Knopfler: Rivalutazione Di Un Artista

Matteo Scarcia

In fondo bisogna capirlo: è oggettivamente sfigato. Ma non inteso nel senso più diretto e offensivo del termine (che in realtà gli si addice), ma nell'altro: sfortunato. Non poteva certamente aspettarsi un futuro così avverso quando nel lontano 1980 decise di abbandonare Mark e compagni (i compianti Dire Straits) a causa di dissidi con l'odiato fratellone (per la cronaca: durante la realizzazione in studio dell’album successone Making Movies). Mark, il Knopfler quello vero, a fare soldi a palate e che diventa forse il chitarrista più bravo, mentre lui, il povero David, il Knopfler dei poveri, arranca componendo dischi anche di pregevole fattura, magari ultra apprezzati dalla critica di tutto il mondo, ma disgraziatamente rimasti ai margini di quello che poi, per un artista conta davvero, se decidi di fare della tua passione il tuo lavoro: il sistema del mercato discografico. Le radio. Ovvero i dindini, o li sordi (come preferite). Il povero David, e per povero s'intende in tutti i sensi, è stato dunque costretto a fabbricare colonne sonore televisive scadenti per racimolarne un po'. E intanto Mark, il Knopfler famoso, ricco, bravo diventava solista (o lo era sempre stato?).

Ma ora intendo anche difendere il povero David: ha lasciato Mark perché la fama, i soldi non producono arte ma la snaturano. Non è più creare arte ma venderla. David dice che ai tempi di Making Movies, i Dire Straits erano ormai già diventati una macchina commerciale e lui decise di tirarsene fuori. Io gli credo. Perché poteva restare dov'era e fare davvero la sua fortuna. Ma lui no...Era una questione di principio e di valori: quel cattivone del produttore (Ed Bicknell) gli scartava continuamente ciò che lui proponeva e quel monello del fratello lo oscurava suonando sopra le parti che David aveva curato. Era giusto andarsene. Il povero David è un uomo di valori: è membro attivo di Greenpeace e di Amnesty International e non lo sbandiera.

Il povero David non inventa nulla nel mondo della musica ma sguazza nel mondo del rock blues con assoluta dignità. I temi ci sono tutti e sono rilevanti: ad esempio, nella canzone Karla Faye, ragazza costretta a prostituirsi in Texas a soli 10 anni e a farsi di eroina a 12; dopo 12 anni di prostituzione uccise due persone con un complice e fu condannata alla pena di morte nonostante tutti fossero a conoscenza della sua conversione al cristianesimo nel braccio della morte. Prima donna dopo 100 anni ad essere messa a morte: un certo George W. Bush, in corsa per la Casa Bianca non poteva certo mostrarsi tiepido nei confronti di un'assassina.

Musicalmente il giudizio è controverso: il suo è un rock blues pacato e riflessivo, senza eccessi, poco incisivo, però, in alcuni punti che forse meriterebbero maggiore decisione. Domina l'armonia, dolce melodia che sembra cullare. C'è una sorta di antitesi tra l'enorme armonia della sua musica e la forza dei suoi testi. Una cosa è certa: per quanto ci si possa provare è quasi impossibile giudicare il povero David senza confrontarlo con Mark. La voce, innanzitutto: è molto simile a quella del fratello. Al primo ascolto, però, le melodie del povero David appaiono troppo similari a quelle di Mark solista, ma con una differenza: Mark dà il meglio di sé quando "fende l'aria" con la chitarra ("Speedaway at Nazareth", "What It Is", "Silvertown Blues" e "Boom, Like That") salvo qualche eccezione come "Golden Heart", "Sailing To Philadelphia" e "Back To Tupelo". Il povero David, invece, s'inserisce laddove il fratello non riesce a convincere con canzoni di grande fascino ma nelle quali sembra sempre mancare qualcosa: è tutto ben amalgamato, è tutto ben concepito, tutti i cd fondamentalmente omogenei ma…sono i ma il problema del povero David. Ci si perde tra i ma e alla fine ci lascia il retrogusto.

In generale comunque, dei buoni dischi prodotti che se fossero stati composti da qualcun altro, con un maggiore supporto della propria casa discografica, avrebbe potuto fare meglio. Ma questo è un altro discorso che magari tratteremo meglio in seguito. Io intanto, proseguo nella mia ricerca di quegli artisti che sembrano dimenticati anche dalle loro madri. Ripeto allora il mio intento: salviamo il povero David. Rivalutiamo David Knopfler.

Discografia essenziale: Release (1983), Behind the Lines (1985), Cut the Wire (1986), Lips Against the Steel (1988), Lifelines (1991), The Giver (1993), Small Mercies (1995), Wishbones* (2001), Ship of Dreams (2004), Songs for the Siren (2006).
* in grassetto gli album consigliati

Nessun commento: